GIOVANNI DI PILLO – 10 MINUTI CON LUI!

Scritto martedì 10 Dicembre 2013 alle 09:18.

Di Pillo

Intervista by Kaiser

Giovanni Di Pillo, la voce della passione

Da quando ho cominciato a “giocare” a fare il giornalista, mi è capitato di intervistare diversi personaggi, più o meno importanti: piloti ed atleti in genere, allenatori, dirigenti sportivi, imprenditori, personaggi della cultura, persino qualche politico… ma ancora non mi era mai capitato di fare domande ad uno che di lavoro fa il giornalista; la trovo la cosa più difficile di tutte. Quando mi sono trovato davanti Giovanni Di Pillo, però, mi sono detto che una semplice foto insieme non poteva bastarmi: dovevo assolutamente togliermi lo sfizio di chiedergli qualcosa.

Quelli della mia generazione, nati col motocross in famiglia, hanno iniziato a dire le prime parole emulando i suoi “Aleeeeex Puzaaaar”  urlati sulle piste di tutta Italia; poi se lo sono ritrovati qualche anno dopo su Tele Monte Carlo, a commentare il mondiale Superbike; e poi, ormai cresciuti, hanno passato pomeriggi e serate a godersi il Supercross su Nuvolari con lui. Per quelli della mia generazione Di Pillo è per forza di cose un mito.

Il suo modo di commentare la gara “aggressivo”, contrapposto all’elegante e compassato aplomb dell’uomo RAI Federico Urban, ha fatto scuola per tutti i telecronisti che si sono affacciati dopo di lui: Di Pillo, infatti, è stato uno dei primi ad urlare in TV, a trasportare lo stile dello speaker in video, a capire che anche la voce, e non solo l’immagine, può essere uno strumento per emozionare lo spettatore. A differenza degli altri, però, Di Pillo non lo fa apposta, non è “costruito”: lui commenta in quel modo perché è trascinato dall’adrenalina e dalla passione più sanguigna per il suo sport, si fa prendere dalla gara e si lascia andare, come se stesse seduto ai box accanto ai meccanici o nel prato in mezzo ai tifosi. Il commento di Di Pillo appare sempre più sincero di quello degli altri e per questo, anche se ogni tanto spara qualche sfondone, una corsa commentata da lui ha sempre qualcosa in più rispetto alle altre.

L’occasione dell’incontro è stata la manifestazione “Un 8 di solidarietà”, una gara di beneficenza organizzata dai tifosi e familiari del povero Andrea Antonelli al kartodromo internazionale di Viterbo; io ero lì per un servizio con un giornale locale, Di Pillo era lì immagino per fare semplicemente un saluto. L’ho fermato e gli ho detto, con tutta la sincerità del mondo, che non me ne fregava nulla di intervistare il tizio che arriva ventesimo nell’europeo Superstock, mentre invece parlare un po’ di moto con lui era uno dei miei sogni. Mi sarei aspettato un rifiuto, per quanto cortese, e invece m’ha risposto: “Va bene. Però facciamo presto, il prima possibile. Anzi, facciamo proprio subito.” Sissignore, prendo il taccuino e m’invento qualcosa al volo. Quando mi ricapita?

Per prima cosa… da quanto tempo fai questo mestiere?

“Ho iniziato facendo il giornalista per Motosprint, ma avevo il problema che mi pagavano poco; anzi, direi proprio una miseria. Così, non avendo alle spalle una famiglia che mi potesse mantenere, ma volendo comunque continuare a fare il giornalista di moto, ho capito che dovevo ingegnarmi per guadagnarmi da vivere. Nel 1980 ho cominciato a fare lo speaker per arrotondare; poi, visto che me la cavavo bene e che comunque guadagnavo più che a scrivere sul giornale, ho accettato l’offerta dell’autodromo del Mugello per fare da speaker ai loro eventi e poi quelle di tutti gli altri principali organizzatori motociclistici italiani; così, nel giro di poco, ho re-inventato il mio mestiere.”

Il debutto come telecronista, invece?

“L’avete visto tutti, credo: la Superbike su TMC a fine anni ‘90. Volevano trasmettere quel campionato, avevano bisogno di un telecronista e chiamarono me. In realtà avevo fatto già qualcosa prima su Odeon TV, ma la prima esperienza duratura è stata su TMC.”

Alla base di tutto il tuo lavoro, comunque, c’è sempre stata una passione enorme per le moto.

“Assolutamente! Ogni volta che mi rompo qualche osso e mi portano in ospedale, la prima cosa che chiedo ai medici è “quando posso tornare in moto?”. Capisci da solo che sono senza speranza…”

Hai anche corso o vai in moto solo per divertimento?

“Ho corso, e pure parecchio. Negli anni ’70-’80 ho fatto cross ed enduro, poi, ormai da vecchio, mi sono tolto lo sfizio di fare anche qualche gara di velocità. Nel motocross sono arrivato a correre l’Italiano Junior; diciamo che andavo benino, ma ero sempre rotto, porca miseria! Non c’era verso di imbroccare una bella serie di gare senza finire in sala gessi. Una volta a Polcanto ho rischiato addirittura di perdere una mano!”

Ah, quindi sei stato un habitué degli ospedali…  

“Eh sì, un po’ di fratture me le porto appresso. E devo dire il vizietto di fare i viaggi in ospedale non m’è mai passato del tutto: anche negli ultimi anni mi è capitato di fracassarmi qualcosa.”

Ho capito, cambiamo discorso che non è mai bello parlare di incidenti. Lo segui ancora il motocross?

“Certo che sì! Seguo tassativamente tutte le prove del mondiale, me le registro anche. E la stessa cosa faccio con le gare del Supercross, non me ne perdo una. Sto anche cercando di riportare il Supercross in televisione, su Dinamica Channel: vorrei fare la stessa programmazione che facevo ai tempi di Nuvolari, spero di poterci riuscire per l’anno prossimo.”

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Ottima notizia, era una figata seguire le gare con le tue telecronache! Chi era il tuo preferito?

“Stewart, che domande! Mi piaceva da morire!”

Ma no, dai… Non pensavo che ad uno come te piacesse uno che fa i reality invece delle gare del National!

“Sì, vabbè, lascia stare il reality: Stewart è un fenomeno incredibile, fa delle cose in moto che non esistono sulla faccia della terra. Oh, ragazzo, non ti dimenticare mai che Bubba è quello che ha fatto smettere Ricky Carmichael! Aveva il duemmezzo 2 tempi e gli saltava sulla schiena! Ma te lo ricordi che roba combinava?”

Certo che me lo ricordo, ma mi ricordo anche che Carmichael nel 2007, da semi-ritirato, ha comunque bastonato Stewart spesso e volentieri…

“E allora perché non ha continuato a correre tutta la stagione, se era così sicuro di poter vincere ancora il campionato? Dai, non ci giriamo intorno: Carmichael ha smesso perché ha avuto paura. Aveva capito che Bubba lo avrebbe suonato e quindi ha preferito ritirarsi prima, con la reputazione ancora intatta, e dire che ormai era appagato e non aveva più nulla da chiedere. E lo capisco pure, per carità, perché s’era ritrovato a correre contro un fenomeno spaziale: quelli che vincono adesso, i vari Dungey, Villopoto eccetera, sono dei gran campioni, ma Stewart a quei tempi era un’altra cosa.”

Non sono completamente d’accordo, ma comunque possiamo dire che Stewart è il tuo pilota preferito di sempre oppure hai qualche idolo del passato?

“Secondo me non si può dire chi sia stato il migliore di sempre; ogni epoca ha avuto i suoi fenomeni, che non possono essere paragonati a quelli di periodi precedenti o successivi. Puoi divertirti a fare supposizioni, puoi confrontare tutti i numeri che vuoi, ma non avrai mai un riscontro concreto. Detto questo, per chi fa il mio lavoro è sempre un bene avere in pista dei piloti come Stewart, che sanno essere personaggi ed attirano l’interesse della gente; quindi, se parliamo a livello professionale, è ovvio che la mia attenzione va rivolta sempre e comunque ai personaggi più popolari che ci sono in quel momento.”

Questo è chiaro, ma io volevo sapere il pilota preferito del Di Pillo appassionato di motocross.

“Ah, beh, se parliamo a livello di semplice passione, ti dico assolutamente Cairoli. Per decenni alle gare mi è toccato annunciare le vittorie dei peggiori belgi, svedesi, inglesi, olandesi, americani… nomi impronunciabili, gente lontanissima. Finalmente adesso godo io, perché c’è un italiano che mazzola tutti! Ed è venuto fuori all’improvviso, dal nulla, dalla Sicilia! Una cosa incredibile! Basta conoscere la storia di Tony per capire quanto è grande.”

Nelle tue telecronache sei sempre molto critico con la deriva che ha preso ultimamente il motocross, schiacciato dai costi e da una gestione con molte pecche.

“Non è una deriva che ha preso solo il motocross, è una deriva che ha preso tutto il motociclismo. Stanno cercando continuamente di scimmiottare la Formula 1 con questi 4T, quest’elettronica, questa tecnologia sempre più elaborata, ma non si rendono conto che lo spettacolo è diventato ridicolo. Nella griglia di partenza della MotoGP ci sono 9 moto, hanno dovuto metterci dentro le CRT per arrivare ad un numero decente. Anche le moto da cross sono diventate troppo potenti, troppo elaborate: nel Supercross fanno correre delle 450 da 60 cavalli dentro uno stadio, le stesse belve che a Unadilla arrivavano a toccare i 130 all’ora. Queste sono delle follie, di cosa vogliamo parlare? Il motociclismo è bello quando esalta gli uomini, non quando esalta le macchine!”

E allora come si fa a riportare il motociclismo ad una dimensione più umana?

“Se andiamo avanti così non ce lo riporteremo mai. Bisogna rivedere i regolamenti allo scopo di contenere i costi, incentivare la gente comune ad andare in moto: in parole più semplici, bisogna rendere le moto più semplici da gestire; favorire l’utilizzo dei 2 tempi, o quantomeno non ostacolarlo, come invece avviene adesso. L’introduzione di questi regolamenti pro-4T è stata una cosa voluta espressamente da alcuni costruttori, Honda in primis. Dissero che i 4T erano più ecologici, che bisognava smantellare i 2T per combattere l’inquinamento, ma erano scuse; in realtà avevano bisogno di regolamenti che gli permettessero di vendere tante moto nuove: inizialmente sono riusciti nell’intento e hanno avuto guadagni enormi, ma nel giro di qualche anno hanno finito per uccidere lo sport. Oggi le moto non si vendono più, non si comprano più, non si aggiustano più: stiamo morendo e nessuno fa niente.”

Perfettamente d’accordo con quest’analisi. A casa mia moto giapponesi o a 4T non sono mai entrate proprio per questa storia…

“Tu sei giovane, non hai vissuto quel periodo, ma ti dico che quando correvo io mi bastava fare la manutenzione ordinaria e cambiare un paio di pezzi dopo un certo periodo di utilizzo per fare tranquillamente una stagione di gare; anche se capitava un guasto, la spesa era sostenibile con uno stipendio normale. Prova a farlo ora, se ce la fai!”

È meglio che cambiamo discorso, altrimenti ci avveleniamo il sangue tutti e due… mi racconti la storia più curiosa che ti è capitata facendo il telecronista?

“Sono più di 30 anni che faccio questo lavoro, ragazzo… ne avrei mille di cose incredibili da raccontare!”

Infatti te l’ho chiesto proprio perché so che ne hai viste tante. Però a me ne basta una soltanto, la prima che ti viene in mente.

“Va bene, allora ti dico questa. Supercross di Genova, una delle primissime edizioni, non mi ricordo di preciso se era il 1981 o l’82. Gara organizzata dalla Gilera, che a quei tempi ha Michele Rinaldi come pilota di punta. Tanto pubblico, tanta attesa, tante speranze… sta di fatto che si corrono le batterie di qualificazione e Rinaldi, clamorosamente, resta fuori dalla finale. Panico totale: non possiamo far partire la finale senza Rinaldi, sono tutti lì per lui!

Con una mezza genialata, ci inventiamo lì per lì una regola secondo cui, siccome siamo in Italia, un pilota italiano a scelta dell’organizzazione può essere ripescato per correre la finale. Il problema grosso a questo punto è che il cancelletto da 12 è pieno e, per fare posto a Rinaldi, bisogna tirare fuori uno che si è qualificato legittimamente tramite le batterie. E capisci che non è una cosa proprio semplice…

Alla fine optiamo per andare a fare una proposta ad un giovane finlandese alle prime apparizioni internazionali, un certo Pekka Vehkonen. In futuro diventerà campione del mondo, ma in quel momento è ancora un perfetto sconosciuto; inoltre è il classico scandinavo, uno con cui si può parlare tranquillamente e che si adatta a tutto senza grossi problemi. Gli spieghiamo la storia della regola pro-italiani e gli diciamo che, se vuole, potrà comunque correre, ma senza partire dal cancello. Lui accetta la nostra proposta senza fare un frizzo. Arrivato nell’area di partenza vestito di tutto punto, lo nascondiamo con tutta la moto dentro i bagni del palazzetto, che sono leggermente più indietro del cancelletto: lui resta chiuso là dentro con la moto accesa, appoggiata in impennata sulla porta, mentre uno dell’organizzazione è pronto ad aprirgli non appena parte la gara. Immagina la scena del cancelletto che cade, tutti i piloti che si fiondano verso la prima curva e nel frattempo, 30 metri più indietro, questo pazzo che sbuca a manetta dal cesso!

Dopo un paio di giri tutti cominciano ad accorgersi che c’è un pilota di troppo in pista; Gualdani, che è il direttore di gara, prepara la bandiera nera da sventolare al povero Vehkonen, ma alla fine lo fermiamo: Rinaldi si è già ritirato e questo poveraccio, che è dovuto partire da dentro un bagno per colpa nostra, sta facendo una rimonta spettacolare, perché dobbiamo squalificarlo?

Alla fine, se non mi ricordo male, Vehkonen fece quarto e fu la grande sorpresa della serata.”

Maggiora 1986: tu l’hai vissuta come pochi altri, visto che eri lo speaker. Cos’ha avuto di così mitico quella giornata per essere definita “la gara del secolo”?

“È stata la giornata perfetta: il meteo, la pista, il pubblico, i piloti… tutto semplicemente perfetto. E poi, ovviamente, il fatto che gli americani fossero in giornata di grazia ha contribuito tantissimo a creare il mito di quella gara. Però, oh, niente da dire… se lo sono meritati! Facevano paura! C’era Johnny O’Mara che bastonava gente come Thorpe, Jobé, Carlqvist… loro con la 500 e lui con la Hondina 125! Tu forse non eri neanche nato, ma per quei tempi fu un’impresa incredibile; guidava quella moto in maniera divina! Tra l’altro l’ho rivisto un po’ di tempo fa ed è diventato un ciccione senza capelli, bruttissimo; considera che mi ha fermato lui per salutarmi, sennò io non l’avrei neanche riconosciuto.”

Avrei voluto chiederti un miliardo di altre cose, ma capisco che non puoi stare tutto il giorno qui, quindi ti faccio l’ultima domanda secca: se qualcuno ti chiedesse di tornare a commentare il mondiale cross, lo faresti?

“Lo speaker ormai non è più roba per me: sono vecchio, non ho più la voglia né l’età per farlo. Però le telecronache del mondiale cross in TV le farei senz’altro, anche subito!”

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