Deny Philippaerts: il cross nel cuore, l’enduro nel portafogli

Scritto lunedì 11 Agosto 2014 alle 19:12.

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Intervista by Alessandro Castellani

Deny Philippaerts: il cross nel cuore, l’enduro nel portafogli

Hai la famiglia in un paesino dimenticato da Dio in mezzo ai boschi dell’Appennino, dove Internet non prende, i cellulari arrancano a fatica ed il digitale terrestre si limita al minimo indispensabile dei canali. Capita che sei a pranzo con tutto il parentado, ti stai abbottando di gnocchi e polpettone, e all’improvviso qualcuno se ne esce con “Oh, ma lo sai che anche il fidanzato della nipote di quello che abita qui davanti fa motocross?”

In pochi secondi arrivi a risolvere l’enigma. Non è uno qualsiasi, è Deny Philippaerts. “Figo! Se capita da queste parti lo vado a conoscere!”

Il caso vuole che Deny in quel momento sia proprio lì, in vacanza insieme alla sua gentile e graziosa donzella. E allora andiamo, perché no? Ne ho di curiosità da farmi levare da uno come lui!

Per i pochi che non lo sanno, Deny Philippaerts è il fratello minore di David. Ha corso per anni nel cross ed è arrivato ad un passo dal vincere il campionato Europeo; da qualche stagione si è dato all’enduro e quest’anno corre nel Mondiale E3 con la Beta 300 2T del team Boano. Nel clima mite dell’agosto montanaro, c’è modo di prendersi un caffè (in realtà solo io, lui non lo beve) e farsi una bella chiacchierata in pieno relax.

Deny, la prima domanda è inevitabile, ed è quello che sicuramente ti chiedono tutti. Nel 2007 ti sei giocato l’Europeo MX2 con Gautier Paulin; oggi lui è un top rider della MX1, mentre tu hai cambiato sport. Cos’è successo?

“Scelte sbagliate. E tanta sfortuna. Nel 2008, per il mio debutto nel Mondiale MX2, avevo sul piatto due offerte abbastanza simili: una di un team italiano ed una di un team straniero. Scelsi di rimanere in Italia per comodità, ma fu un errore: avrei dovuto andarmene all’estero, in Nord Europa, perché è lì che si formano tutti i campioni. E poi c’è stata anche tanta sfortuna, perché in tutti e tre gli anni che ho partecipato al Mondiale (dal 2008 al 2010) mi sono sempre infortunato abbastanza seriamente durante l’inverno, mandando all’aria la preparazione fisica. Per carità, gli infortuni fanno parte del gioco e non puoi lamentarti, però se capitano ad inizio stagione è un disastro. Sai com’è… lavori come un pazzo, ti fai male, butti via tutto, perdi mesi per ricominciare, prepari il riscatto per l’anno dopo… e bum! Di nuovo rotto! Diventa difficile uscirne.”

Magari se avessi vinto quell’Europeo le cose sarebbero andate diversamente?

“Non lo so… Ma poi te lo ricordi come l’ho perso quel campionato?”

Sinceramente, no. Racconta.

“Ero in testa alla generale; all’ultima manche mi sarebbe bastato arrivare dietro a Paulin per vincere il titolo, e così stava andando: io terzo, Gautier secondo. Solo che in testa alla gara c’era Musquin e qualcuno, credo della Federazione francese, ordinò a Marvin di scansarsi, così ci rimasi fregato. Tra l’altro tra Musquin e Paulin non correva buon sangue e alla fine della gara Marvin venne anche a scusarsi con me, dicendomi che era stato costretto. Io accettai le scuse, non potevo fare nient’altro. E poi bisogna ammettere che nella seconda parte di stagione Paulin andò fortissimo: facemmo anche delle gare di Mondiale e lui si piazzò tra i primi, mentre io rimasi più indietro.”

Paulin, Musquin… hai “beccato” un periodo con avversari mica da ridere!

“Eh, sì! Ho corso l’Europeo nel biennio 2006-2007 e in pista, oltre a quei due, c’erano Roelants, Van Horebeek, Frossard, Bobryshev… tutta gente che poi ha vinto dei Gran Premi. Io a quei tempi me la battevo con loro, quindi è normale che un po’ di rammarico per come sono andate le cose ce l’ho.”

Le cose sono andate che adesso sei un pilota di enduro. Come mai questa scelta?

“Perché a fine 2010, dopo tre anni consecutivi segnati dagli infortuni, non avevo più offerte per continuare a correre nel cross. Avrei dovuto pagare di tasca mia. Mio padre, che già da qualche tempo cercava di convincermi a passare all’enduro, mi mise in contatto con Jarno Boano (team manager Beta n.d.A.) e da lì è cominciato tutto. Devo dire che è stata una buona scelta: mi trovo molto bene ed il rapporto con il team è fantastico.”

Se ti facessero una buona offerta, diciamo pari a quella per correre nell’enduro, torneresti al cross?

“Beh… a parità di offerta non lo so… ci penserei. Ma tanto stai sicuro che non succede. Nel motocross per guadagnare bene devi chiamarti Antonio Cairoli, o giù di lì; nell’enduro guadagni anche se fai buoni piazzamenti all’Italiano. Adesso si sta cominciando a sentire la crisi anche qui, ma comunque non c’è paragone col cross: ormai una stagione di motocross ad alto livello la puoi affrontare solo se sei in un grande team o se hai il portafogli pieno. Quest’anno, per esempio, sono andato a fare gli Internazionali d’Italia a Montevarchi… ma l’ho fatto solo perché Boano mi ha coperto buona parte delle spese, altrimenti sarebbe stato un salasso!”

Sicuramente ti penalizza anche il fatto che in MX2 si può correre solo se hai meno di 23 anni, quindi tu dovresti fare per forza la MX1. Che ne pensi di questa regola?

“Che è sbagliata. Oggi c’è una sola categoria letteralmente ingolfata di piloti: i manubri importanti ormai sono solo quelli delle 4-5 squadre di vertice della MX1 e quindi, se non sei uno di quei 7-8 che vanno a podio, fai una fatica bestiale a trovare un’offerta buona. Guarda mio fratello, che per continuare a correre è stato costretto a farsi un team da solo… e stiamo parlando di un ex-campione del Mondo! È chiaro che non tutti possono farsi una squadra personale, quindi finisce che al Mondiale vanno in 10-15 e poi il resto è tutta gente che paga di tasca propria; tanti buoni piloti preferiscono smettere piuttosto che rimetterci soldi. Con le classi libere ci sarebbero più posti buoni a disposizione, ogni pilota sarebbe libero di correre con la moto che preferisce e poi anche i giovani, trovandosi contro gli esperti, si farebbero le ossa più in fretta.”

Indirettamente, stai dicendo che il livello della MX2 è più basso rispetto a quello di qualche anno fa…

“Sì, credo proprio che sia così. Ai miei tempi l’accesso non era vincolato dai limiti di età e poi c’erano ancora le qualificazioni, che non erano come quelle degli anni ’90, ma comunque facevano un minimo di selezione per accedere alle manche della domenica. Per non parlare dei tempi in cui ti davano i premi-gara per i piazzamenti e le qualificazioni! Quando debuttò nel Mondiale David c’erano ancora, io sono arrivato troppo tardi. A livello di motivazioni, sapere che al raggiungimento di un certo risultato corrispondeva un certo compenso ti dava sicuramente una marcia in più.”

Ma perché nell’enduro si guadagna e nel cross no?

“Perché c’è più mercato. Le moto da enduro sono più numerose di quelle da cross, quindi i concessionari lavorano di più con il targato ed hanno maggiore interesse a supportare le squadre corse nell’enduro. È vero che il motocross ha più visibilità mediatica, ma alla fine la sostanza che conta è quella dei numeri: gli enduristi sono molti di più dei crossisti.”

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La generazione di tuo fratello e Cairoli è l’ultima degli italiani in grado di lottare per il Mondiale. Cos’è mancato a voi che siete venuti dopo?

“Ogni persona ha una storia diversa alle spalle, quindi io posso rispondere solo per me stesso. In generale, però, credo che oggi in Italia siano cambiate sia la mentalità che le condizioni economiche: i ragazzini che corrono adesso hanno tutti le spalle coperte dai genitori, mentre chi viene da più “in basso” non ha più possibilità di fare gavetta, perché correre è diventato un lusso per pochi. Il risultato è che oggi abbiamo un mare di ragazzini che pensano alla moto bella, le grafiche fighe e cose del genere, mentre chi non ha i soldi non riesce materialmente a correre, anche se magari ne avrebbe voglia. Io conosco la storia di David e Tony, so quanti sacrifici hanno dovuto fare per arrivare dove sono arrivati, e nel cross italiano di oggi non vedo più quello spirito che avevano loro.”

Ti ha mai pesato il fatto di essere il fratello minore di David?

“Inizialmente c’era qualcuno che diceva che correvo solo perché ero suo fratello, ma poi credo di aver dimostrato di essermi meritato da solo un’occasione importante. David si è fatto la sua gavetta e io mi sono fatto la mia, lui ha la sua storia ed io la mia; abbiamo due carriere completamente diverse.”

Ma magari, indirettamente, sentivi la pressione di dover replicare i suoi risultati. D’altronde hai debuttato nel Mondiale proprio nell’anno in cui lui ha vinto il titolo…

“No, no. Non ci ho proprio mai pensato.”

Parliamo un po’ di enduro ora. Qual è la difficoltà maggiore che hai incontrato nel passaggio dal cross?

“In realtà è una difficoltà che riscontro tutt’ora: faccio fatica a gestire le gare. Innanzitutto devi essere abituato ad andare in moto per 6-7 ore; e, se capita che i controlli orari sono tirati, devi farlo andando quasi sempre a tutta. Le speciali, poi, sono difficilissime: devi andare al massimo per 10-12 minuti, riuscendo contemporaneamente a gestire le forze per non finire la birra negli ultimi passaggi e, soprattutto, evitando di esagerare e cadere. Il tutto su tracciati su cui non hai mai girato, se non a piedi il giorno prima. Ancora adesso soffro terribilmente il primo giro di gara, impiego sempre un po’ troppo a prendere le misure alle speciali.”

Perché gli ex-crossisti francesi si sono adattati meglio degli altri all’enduro?

“Credo che non ci sia un motivo particolare: è il loro periodo d’oro, così come in passato c’è stato il periodo d’oro degli italiani o quello dei finlandesi. Probabilmente li aiuta il fatto che hanno una mentalità diversa, un approccio all’allenamento di gruppo che noi non abbiamo: i francesi vanno spesso a girare insieme e si aiutano a vicenda; tra i piloti italiani, invece, c’è sempre una certa rivalità, i rapporti sono più freddi. Però, in generale, non credo che questo faccia la differenza la Francia ed il resto del mondo: semplicemente questo è il loro momento.”

Senti, io da un po’ di tempo sto facendo pensieri strani… come si guida questo 300 2T?

“Bene, mi piace un bel po’. Parti dal presupposto che la mia moto preferita è la 250 4T, però ti posso dire che con la Beta 300 mi trovo veramente bene. A prima vista puoi pensare che sia una 250 maggiorata, quindi ancora più grintosa e spigolosa nell’erogazione. In realtà è tutta un’altra cosa: ha un motore rotondo, pastoso, gestibile; più che una 250 ricorda una 500. E si guida benissimo anche nel cross; io, come ti ho detto, ci ho corso gli Internazionali d’Italia a Montevarchi e ho fatto secondo di categoria.”

Però, se mi dici che sembra un 500, mi fai pensare che in realtà non sia proprio facile da gestire…

“Ma non credere che il 500 sia così mostruoso come si dice… Ovviamente devi guidarlo in un certo modo, stare attento a non esagerare col gas; però, se impari a gestire la potenza, poi ti accorgi che è anche più facile del 250.”

Chiudiamo con questa. Se potessi tornare indietro nella tua carriera, cosa cambieresti?

“Sicuramente qualche scelta la farei diversamente; soprattutto, cambierei le cose nell’anno del debutto al Mondiale. Poi sono subentrati gli infortuni e quindi, a quel punto, la mia carriera non è dipesa più di tanto dalle mie scelte, quanto dai miei guai fisici.”

Ti manca il cross allora…

“Guarda, se ti dicessi che non mi manca sarei bugiardo: il primo amore non si scorda mai… Però adesso sto veramente bene nel team Boano e quindi non ho nessuna intenzione di tornare indietro.”

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